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giovedì 30 settembre 2010

Music Review

Cioè, ma voi li conoscete i Black Kids? Perchè io ne parlo sempre stra-eccitata, ma mi sa che nessuno sa di chi sto parlando. Cioè, cazzo, l'album Partie Traumatic è una cosa fichissima. Sono l'unico gruppo che mi fa scatenare come una deficiente (ovvero quello che sono). I testi fanno spanzare dalle risate, soprattutto quello di Love me already. Cazzo, sono dei fighi.

Ora metterò un sacco di link nella speranza che qualcuno se li caghi, ci sarà pure qualcuno al mondo con cui posso condividere la mia passione sfrenata per i Black Kids?!

http://www.youtube.com/watch?v=So3uYu1U5f0

http://www.youtube.com/watch?v=gzaSM0Ac1BQ

http://www.youtube.com/watch?v=DdBy1wTlnas

http://www.youtube.com/watch?v=qoBZuf_xgik

Yeah, man.

Film Review

Nelle ultime due settimane di settembre sono stata costretta a rimanere in casa. Tutto a causa del mio polmone sinistro, in cui viaggiava indisturbato del liquido pleurico. Che, per inciso, non dovrebbe starsene a girovagare, bensì fermo dentro al polmone. O giù di lì, insomma.

Avrei dovuto fare un sacco di cose in quelle due settimane, ad esempio un esame di Letteratura Italiana e partire per Amburgo, per rimanerci sei mesi. E invece, l'esame è andato letteralmente a farsi fottere e la partenza è stata posticipata.

Detta così sembra tutta una gran merda. E invece no! Ho avuto modo di guardare una quantità non indifferente di film che da tempo volevo vedere. Così ho approfittato della malattia per mettermi un po' alla pari nella mia Watchlist.

Finalmente, ho visto la filmografia (quasi) completa di Sofia Coppola. Dico quasi perchè non ho avuto modo di vedere Somewhere, aspetterò che esca in dvd. In ogni caso, sono partita dal suo primo lungometraggio, Il giardino delle vergini suicide. Prima di vederlo, un po' sapevo qual era la trama. Ma proprio a grandi linee. E quindi mi sono messa comoda comoda a guardarlo. Subito un punto a favore: la presentazione dei personaggi (ovvero tutte le sorelle). Per chi l'ha visto sa di cosa parlo e ha capito. A me se c'è una cosa che mi piace nei film è la presentazione dei personaggi fatta in quel modo. Poi il film avanza, con un ritmo delicato ma sostenuto. La vicenda è tremendamente drammatica, la famiglia protagonista è la cosa più finta e odiosa che abbia mai visto realizzata in un film. Lo schema sembrerebbe quello tipico della tragedia, ma qui ci sono anche punte di speranza, che non farebbero pensare ad un così tragico finale (anche se il titolo anticipa il tutto). Perchè il finale, si sa da subito quale sarà. Ma non è quello l'importante. La Coppola ci porta dentro alla psicologia delle cinque adolescenti, ci fa fare il viaggio insieme a loro (e soprattutto insieme al personaggio di Kirsten Dunst, che rimane la vera protagonista). Noi, come le sorelle, viviamo il peso insostenibile di quella famiglia-prigione, viviamo la noia di una vita priva di scelte e fatta solo di divieti e di obblighi. E il finale è liberatorio. L'unica via di uscita possibile da un'adolescenza fatta di rinunce e delusioni.

Quindi, se dovessi dare un giudizio al film da 1 a 10, sarebbe di certo un 9 generale. Un 9 anche alla regia e alla sceneggiatura.

Poi sono passata alla visione di Lost in translation. Qui c'è subito da dire una cosa: la sceneggiatura è da 10/10, l'Oscar è stato tutto meritato. E' una storia così ben costruita, così fuori dall'ordinario che difficilmente non ci cattura. E' un viaggio bellissimo in compagnia di due vite apparentemente opposte che, accomunate dal contesto e (perchè no) dal destino di ritrovarsi nello stesso luogo e nello stesso momento, scoprono di essere legate nel profondo e di capirsi senza neanche parlarsi. E' un film costruito sugli sguardi. Sulle attese. Sulla frustrazione di rendersi conto di vivere una vita che non è quella che si vuole veramente. E' la storia di un'amicizia, di una passione innocente che non si vuole consumare, di due persone che sono come due pezzi combacianti di un puzzle. Il tutto immerso in un Giappone che rimane in secondo piano, perchè (come dice Scarlett Johannson in una battuta) non emoziona come dovrebbe. E questo solo perchè tutte le emozioni, tutti i sentimenti di bellezza e stupore che la protagonista dovrebbe provare nei confronti dei luoghi visitati, sono indirizzati verso quella persona che nel finale la bacerà e le sussurrerà all'orecchio la cosa che la farà sorridere in modo così sincero.


Parto poi con la visione di Marie Antoinette. A dire il vero parto prevenuta, perchè Kirsten Dunst è un'attrice che, senza alcun valido motivo se non il fatto che abbia il testone e gli occhi perennemente mezzi chiusi, non mi prende mai quanto dovrebbe. L'incipit del film lo trovo geniale. Musiche degli Aphex Twin (credo), sfondo nero e nomi degli attori in fuxia. Quando vedo il nome di Asia Argento rimango un po' sconcertata, ma dopo aver visto quale parte le era stata assegnata mi dico "Ok, tutto nella norma". Dico la verità, i primi 15/20 minuti, mi sembravano un po' molto incomprensibili, soprattutto per la mia ignoranza storica. Poi mentre il film proseguiva mi sembrava tutto più chiaro. In effetti, l'aspetto storico passa in secondo piano. Quello che ci viene mostrato è il percorso psicologico di un'adolescente catapultata in un mondo fatto di eccessi e di routine che piano piano si abitua e diventa il prodotto del contesto in cui è stata forzatamente calata. E' il tracollo di una donna, che, in quanto tale, non si sentiva appagata dal noiosissimo marito. E' la tragica storia di una ragazza che non ha avuto il tempo di realizzare che lei era il burattino nel palcoscenico di Versailles. Detto questo, è quello che mi è piaciuto meno nella filmografia della Coppola, per questo gli darei un 7/10.


Ricapitolando tutto sto casino di parole buttate lì sui tre film di Sofia Coppola, dico che come regista mi piace. Moltissimo. E, considerando la sceneggiatura di Lost in translation, direi che è anche più che ottima come sceneggiatrice. Quindi scrivi, Sofia, scrivi.