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sabato 28 gennaio 2017

Series Review: The Night Of

Cavalcando l'onda della mia recente ossessione per Riz Ahmed, ho recuperato la miniserie HBO The Night Of, composta da 8 puntate della durata di circa un'ora ciascuna. La trama è più o meno questa: Naz, un ragazzo 22enne di famiglia pakistana, passa una notte tra droga e alcol con Andrea, una ricca ragazza newyorkese. Dopo aver fatto sesso, Naz si sveglia e trova la ragazza morta accoltellata. Dopo il suo arresto, verrà aiutato da uno sgangherato avvocato interpretato dal mitico John Turturro.

Sicuramente quella raccontata in questa miniserie non è una storia nuova: lo stesso John Turturro nel film Barton Finks si risvegliava dopo una notte di sesso in hotel con la donna morta nel letto. E' successo a Richard Gere ne L'angolo rosso. E ci saranno certamente molti altri esempi che ora non mi vengono in mente. Però, The Night Of, non si concentra solo sulla trama: l'escamotage dell'omicidio serve per mostrare molti altri temi.

Uno di questi è il tema razziale, che incide fortemente non solo sulla vita del povero Naz ma anche su quella dei suoi genitori e di tutto il quartiere dove abitano. Inoltre una delle questioni che questa storia ci pone davanti è: quanto può rimanere buono un bravo ragazzo costretto a sopravvivere in prigione accusato di un gravissimo reato che non ha commesso? E ancora: quanto un bravo ragazzo è veramente bravo? Conosciamo veramente i nostri figli? 

Il tutto è condito dalle strabilianti interpretazioni degli attori protagonisti: John Turturro, una garanzia, e Riz Ahmed sono assolutamente fantastici. Specialmente Turturro, nell'interpretazione dello sfigatissimo avvocato in preda a rash cutanei orribili, nelle difficoltà di comunicazione col figlio, nella costante ricerca di un po' di amore. Riz Ahmed è riuscito invece nel difficile compito di interpretare il cambiamento di un ragazzo: da giovane inesperto, nerd e un po' outsider diventa presto un detenuto di punta all'interno del carcere, cercando di sopravvivere tra droghe, tatuaggi orripilanti e un cameratismo tutt'altro che simpatico.

The Night Of mi è piaciuta molto. Penso sia riuscita a mettere sullo schermo uno spaccato di vita che purtroppo troppo spesso succede, specialmente nelle grandi metropoli multiculturali, dove chi viene accusato anche ingiustamente di un crimine è destinato a portarne la croce per l'intera comunità che rappresenta. Direi attualissimo. Da vedere. E non solo per gli occhioni neri da cerbiatto di Riz Ahmed.


domenica 22 gennaio 2017

Series Review: 20 motivi per cui ho amato The OA

1) Brit Marling. 

2) La prima puntata mi ha sconvolta, e per un giorno intero mi ha fatto riflettere.


3) È fantascienza, è fantasy, è drammatico, è d’avventura. Insomma, non rientra in un’unica categoria, in un unico genere.


4) È una serie, ma al contempo non lo è. Un lungo film diviso in capitoli di diversa lunghezza, con la sigla che c’è ma parte a puntata finita e ti spiazza moltissimo.


5) I Movimenti mi ricordano le danze di Florence Welch nel suo ultimo album, How big how blue how beautiful.


6) C’è Riz Ahmed con i suoi grandi occhioni neri da cerbiatto.


7) È inclusivo.


8) Il finale è aperto e si offre per più di una interpretazione. Non c'è bianco e nero, solo grigio. Potrebbe esserci una seconda stagione ma anche non ci fosse, non intaccherebbe il modo in cui è terminato.


9) Come altre opere cinematografiche, riesce a consolarmi un po’ quando penso all’infinito che seguirà dopo la morte, non solo mia ma della Terra intera quando il Sole si spegnerà.


10) Da quando ho finito la visione dell’ultima puntata, non riesco a smettere di pensarci su. The OA è riuscita veramente a viaggiare attraverso le dimensioni?


11) Mi piace il quartiere dove abitano i protagonisti. È estraniante.


12) The OA non è una narratrice affidabile ma ci fidiamo lo stesso di lei. Perché riesce a farci credere in qualcosa che è più grande di noi. Ma: fin dove riusciamo a spingerci per pura e cieca fede?


13) Ho ancora in testa quelle sei note di violino che Prairie suonava da cieca.


14) Non c’è bisogno di avere un fisico bestiale per poter fare i movimenti, grazie Betty.


15) In una puntata, Buck prova i Movimenti sulla canzone All your yeahs dei Beach House.


16) Il limbo di Prairie è bellissimo.


17) The unknown is truly inside us, inside our minds.


      18) Non c'è nessuno che sia veramente buono o cattivo. Ognuno viene spinto da un sentimento più grande del semplice egoismo: questo succede per Hap, per Prairie, per Homer, per i genitori adottivi di Prairie.


      19) Vorrei veramente tanto che ci fosse una seconda stagione, perchè vorrei vedere di più dell'universo creato da Brit Marling e Zal Batmanglij

 
      20) Come diceva il poster di Mulder: I WANT TO BELIEVE.



martedì 17 gennaio 2017

Film Review: 2 days in Paris

Pochi sanno che amo moltissimo Julie Delpy per la sua interpretazione di Celine nella trilogia Linklateriana dei Before Sunrise/Sunset/Midnight. Ma nessuno sa come seleziono i film da vedere su Netflix: assolutamente a casaccio. Aggiungo moltissimi titoli alla mia lista senza entrare a leggere scheda alcuna, per cui quando ho aggiunto 2 days in Paris non sapevo neanche che la regista, la sceneggiatrice, nonché interprete principale fosse l'adorata Julie Delpy.

Dato che ultimamente non guardo moltissimi film, con mia grande sorpresa mi stupisco di quanto sia brava nella selezione casuale di pellicole da vedere. E anche con questo 2 days in Paris non mi sono smentita.

E' uno di quei film che piacciono a me: diretti, onesti, witty, esasperati e assolutamente irresistibili. Racconta di un paio di giorni nella vita di Marion e Jack, lei francese e lui americano che stanno insieme da due anni. Dopo una disastrosa vacanza a Venezia, si stanno recando a Parigi per passare qualche giorno insieme alla famiglia di Marion. La loro relazione verrà messa a dura prova.

Ogni tanto penso a quanto questa tipologia di film sia odiata da moltissima gente, amici e fidanzato inclusi. E mi ritrovo a chiedermi il perchè. Quello che probabilmente a molti non piace, al di là della semplice mancanza di "azione" nel senso più basico del termine, è vedere rappresentata la vita vera sullo schermo. Julie Delpy non è un'artista escapista, non vuole trasportarci in un'altra dimensione e farci dimenticare della nostra vita per un paio d'ore. 2 days in Paris ci mette di fronte alla nuda e cruda verità: le relazioni sono molto difficili, e basta veramente pochissimo a rovinarle. Quanto conosciamo davvero la persona con cui stiamo? Quali sono le insicurezze che ciascuno vede nell'altro che potrebbero portare ad una definitiva rottura? Sono queste le domande che questa pellicola ci pone. Senza farsi mancare scene esilaranti e assurde che rendono l'insieme molto leggero e divertente.

Il tutto, ovviamente, condito dalle fantastiche e genuine interpretazioni di Julie Delpy e Adam Goldberg in primis, e di tutti gli altri attori francesi e non (strizzatina d'occhio alla fatina Daniel Brühl). Anche dal punto di vista tecnico, la regia della Delpy è molto apprezzabile specialmente quando interviene la voce narrante che accompagna alcune scene clou nella relazione tra i due protagonisti. Tra l'altro, ancora mi stupisco di quanto Julie Delpy sia estremamente sarcastica, poetica e abile nello scrivere, specialmente in una lingua acquisita, come l'inglese. E poi è così naturalmente bella. La amo. E amo questo film.